Undici consiglieri comunali di Castenaso e Granarolo hanno espresso il loro parere contrario sullo studio di fattibilità Spisa con questo documento del 15/11/2017:

Studio di fattibilità sulla fusione
Castenaso – Granarolo dell’Emilia
Valutazioni finali

Con la presente i consiglieri firmatari intendono formulare un parere sullo studio di fattibilità nella sua versione definitiva elaborata da Spisa il 30/10/2017.

Premessa: la fase partecipativa

Come già esposto più volte nelle sedi opportune, la cosiddetta “fase partecipativa” che ha preceduto l’elaborazione finale del progetto è stata viziata da una inaccettabile asimmetria comunicativa. I Sindaci e le Giunte di Castenaso e Granarolo hanno organizzato una serie di incontri pubblici ai quali i consiglieri contrari alla fusione non sono stati ammessi come relatori ma solo come spettatori (vedi lettera congiunta dei Sindaci del 28/7/17); di conseguenza il tempo è stato esclusivamente dedicato agli argomenti a sostegno della fusione, relegando i nostri interventi a pochissimi minuti, per di più spesso interrotti e disturbati da rappresentanti delle maggioranze.

Nei locali di proprietà comunale è stata data la massima priorità agli eventi organizzati dalle maggioranze, relegando in secondo piano quelli organizzati dagli altri gruppi consiliari. La sala Airone di Castenaso, utilizzata dalla maggioranza per l’incontro pubblico del 4/10/17 è stata invece negata ai consiglieri sottoscritti, sostenendo che l’associazione che gestisce la sala stessa non ammette eventi di carattere politico; come se invece l’evento organizzato dalla maggioranza non fosse classificabile come tale. Alla nostra iniziativa è stata concessa solo la sala Suelo, più piccola ed in posizione periferica.

Il periodico del Consiglio Comunale di Castenaso “Castrum Nasicae” ha ospitato numerosi commenti di Sindaco ed Assessori a favore della fusione nelle pagine di comunicazione istituzionale, mentre gli interventi dei gruppi consiliari sono stati limitati agli spazi normalmente assegnati. Anche in questo caso al Consiglio sono state attribuite posizioni mai legittimate dal voto.

Gli incontri con i cosiddetti stakeholders (dipendenti comunali, sindacati, associazioni di categoria e di volontariato, ecc.) si sono svolti senza la partecipazione dei sottoscritti, nonostante nostra formale richiesta.

Gli strumenti comunicativi a disposizione dei Comuni sono stati quindi utilizzati dalle maggioranze per promuovere la fusione benché i rispettivi Consigli alla data odierna non si siano mai espressi a favore della stessa. Ciò costituisce a nostro avviso un utilizzo improprio delle risorse pubbliche, che ha privato i cittadini di una informazione corretta e completa.

Ricordiamo che la Legge regionale prevede che l’iniziativa legislativa di fusione dei Comuni venga esercitata dai Consigli comunali; in mancanza di questo, tutte le attività svolte dai Sindaci e delle Giunte, esplicitamente a favore della fusione, non possono essere considerate di tipo istituzionale ma di tipo politico, in quanto rappresentano una sola delle posizioni in campo.

E’ evidente come questo modo di procedere non abbia tenuto conto delle indicazioni fornite dalla Regione con la DGR 281/2017 che consiglia «processi partecipativi che perseguano, da un lato, lo scopo di favorire la conoscenza e la partecipazione alla costruzione dello studio di fusione da parte di tutta la cittadinanza, così come anche dei diversi attori sociali, economici e politici operanti nei territori dei Comuni interessati alla fusione e, dall’altro, consentano di assumere ed elaborare le sollecitazioni e i contributi da questi manifestati». Impedendo una piena partecipazione dei nostri gruppi consiliari agli incontri pubblici si è compromessa la possibilità di suggerire tematiche utili ai cittadini per fornire a Spisa i contributi richiesti.

Lo studio di fattibilità

Durante i lavori di commissione abbiamo più volte ribadito che l’istituto delle fusioni è stato pensato per Comuni di dimensioni molto più ridotte rispetto alle nostre; abbiamo inoltre ricordato che gli studi e le statistiche disponibili sull’argomento portano a prevedere un sensibile aumento delle spese amministrative (tendenzialmente il 20% in Comuni di 30.000 abitanti), contraddicendo quindi l’obiettivo annunciato dai promotori del progetto, cioè quello di “rendere sostenibili nel tempo i bilanci comunali”. E’ facile prevedere che la fusione otterrebbe nel nostro caso un effetto contrario a quello desiderato.

Ricordiamo che in occasione di alcuni incontri pubblici (Granarolo e Quarto) i rappresentanti di maggioranza di Granarolo hanno citato uno studio elaborato dal dott. Ramazza per l’Osservatorio regionale, sostenendo che lo stesso studio avrebbe reso superate le nostre argomentazioni basate sui dati statistici. Quindi siamo rimasti molto sorpresi ritrovando nello studio Spisa la frase “gli studi si qui condotti sulle fusioni in Italia concordano che non è corretto individuare a priori una soglia demografica massima utile per la istituzione di nuovi Comuni” sostanzialmente ripresa dallo studio Ramazza (“non si può individuare con precisione una soglia demografica minima utile per la istituzione di nuovi Comuni”) ma con la sostituzione della parola ‘minima’ con ‘massima’, che inverte completamente il senso della frase. Da noi sollecitata a precisare a quali studi si riferisse, la Spisa ci ha risposto genericamente e senza fornire ulteriori indicazioni.

Dubitiamo comunque che esistano studi ed approfondimenti su casi simili al nostro, visto che in Italia non si sono mai verificate fusioni che coinvolgessero solo Comuni oltre i 10.000 abitanti. A quanto ci risulta il nostro è un caso senza precedenti.

Concordiamo sul fatto che il puro dato statistico generale non debba essere usato come parametro determinante e che sia sempre necessario effettuare una verifica sul caso specifico; infatti è quello che abbiamo chiesto in occasione della prima seduta di commissione.

Ma in presenza di un contesto generale negativo (sulla base del confronto con altri Enti di simili dimensioni si presume un sensibile aumento dei costi amministrativi pro capite oltre i 20.000 abitanti) l’onere della prova della convenienza ricade su chi predispone il progetto, che quindi, in mancanza di casi simili a cui fare riferimento (altre fusioni di Comuni simili ai nostri), avrebbe dovuto effettuare una rigorosa analisi comparativa con Enti di 27-30.000 abitanti, dettagliando quali sono i maggiori costi che, nelle stime Spisa, non sarebbero invece destinati ad emergere nel caso di Castenaso e Granarolo.

A puro titolo esemplificativo sarebbe stato indispensabile:

  1. individuare in Comuni di riferimento (ad esempio San Lazzaro) quali sono le figure professionali e dirigenziali e/o gli uffici che determinano il maggior costo relativo (il 20% in più di cui abbiamo parlato) ed esporre il motivo per cui questi costi non sarebbero invece necessari nel nostro caso;
  2. stimare l’aumento di costi per comunicazione e trasporti fra le varie sedi comunali nel nuovo assetto organizzativo;
  3. stimare i costi della fase transitoria della fusione (riorganizzazione degli uffici, formazione del personale, sostituzione ed aggiornamento software);
  4. individuare i maggiori costi degli organi elettivi. Nello studio si dà per scontato che la riduzione del numero dei consiglieri corrisponda ad un taglio dei “costi della politica”, senza però considerare che in un Comune più grande le sedute di Consiglio e le Commissioni sono più numerose. A San Lazzaro esistono 4 commissioni consiliari permanenti contro le 3 di Castenaso ed il numero annuale delle sedute di Consiglio supera il nostro di quasi il 50%. Questo comporterebbe un netto aumento dei costi per gettoni di presenza. La stima del taglio dei “costi della politica” appare ancora più approssimativa quando si nota che la stima di 100.000 euro rimane la stessa anche nella versione finale dello studio, nonostante questa proponga un organo di nuova istituzione (Assemblea territoriale) che si presenta come un duplicato del Consiglio comunale con i relativi costi potenziali; 5) tenere conto della dinamica demografica dei due Comuni anche alla luce dei piani urbanistici in essere. Lo studio prevede l’incremento demografico basandosi esclusivamente sui trend statistici dell’Istat (allora in questo caso i trend statistici sono attendibili, mentre non lo sono quando parliamo di costi amministrativi medi pro capite?) e non tiene in considerazione i nuovi interventi abitativi previsti dai nostri piani urbanistici, fortemente incrementativi. Come già ricordato, la corretta previsione del trend demografico è determinante per la stima dei futuri costi gestionali.

La mancanza di queste analisi puntuali nello studio e l’assenza di casi simili al nostro da esaminare rende impossibile una previsione anche solo approssimativa dell’impatto economico della fusione e dei suoi effetti positivi, mentre quelli negativi sono facilmente presumibili in base alla comparazione statistica.

Le prospettive di sviluppo e di maggior peso politico citate nello studio sono sostanzialmente evocazioni di scenari indeterminati che, lasciati alla gestione di futuri amministratori con disponibilità finanziarie probabilmente inferiori alle attuali, sono destinate a restare sulla carta.

Le considerazioni relative ai contributi straordinari attesi da Stato e Regione non sono determinanti. La fusione è un progetto di lungo termine e le valutazioni devono essere effettuate sui cambiamenti strutturali dell’amministrazione comunale, mentre i contributi hanno durata decennale. Anche qualora potessimo contare su risorse transitorie derivanti da tali contributi, al netto dei costi di riorganizzazione, questo non potrebbe in alcun modo essere considerato un argomento a sostegno di un cambiamento a carattere definitivo.

Per quanto riguarda il rapporto eletti/elettori ed il rischio di deficit di rappresentanza, va infine sottolineato il fatto che i Municipi di Valsamoggia sono stati citati nello studio come esempio di partecipazione, senza però ricordare che tutti i consiglieri di opposizione si sono dimessi per l’assoluta inutilità ed inoperatività di questi organi.

In sintesi: lo studio Spisa è estremamente preciso sul “come” andare in fusione, ma assolutamente generico ed incompleto sul “perché”. Non possiamo certo spingere i nostri Comuni su questo percorso così impegnativo solo sulla base di un ventilato ed indeterminato “maggior peso politico”; tanto più dopo essere stati censurati più volte durante i lavori di Commissione per avere espresso valutazioni politiche a fianco di quelle strettamente tecniche. Ad ognuno il proprio compito: i politici sono chiamati ad operare scelte politiche, sulla base di dati previsionali predisposti dai tecnici (Spisa) che a loro volta dovrebbero condurre indagini simili a quelle sopra descritte. In mancanza di questo, non possiamo fare altro che fornire un giudizio negativo sulla versione definitiva dello studio di fattibilità e sul progetto di fusione.

I consiglieri comunali:

Stefania Saggin, Riccardo Giordani, Fabio Selleri, Mauro Mengoli, Stefano Grandi, Angelo Mazzoncini, Carlo Trenti, Giuseppe Minissale, Angelo De Pasquale, Gabriele Cazzara e Ignazio Filangeri.